Belmonte
“…è un monte dirupato di tufa vulcanico tra Castelnuovo e Sacrofano, nel territorio di questo ma più vicino a quello, a sinistra della via Flaminia…” (Nibby, 1849)
Il sito archeologico di Belmonte dista circa 1 chilometro e mezzo da Castelnuovo, all’interno del Parco di Veio e si raggiunge dalla via Flaminia al km 26. Situato in posizione dominante su un altopiano stretto poche decine di metri e lungo circa un chilometro tra i fossi di Costa Frigida e di Sant’Antonino conserva tracce un insediamento fortificati altomedioevale. Si ipotizza essere stata una colonia della città di Veio fondata intorno al VII sec a.c. come avamposto sulla sponda destra del Tevere. Il più antico abitato si suppone occupasse la parte centrale del pianoro più ampia e pianeggiante. Resti di mura, alzate direttamente sul ciglio della rupe sono ancora visibili sul lato ovest dove si apriva una porta, oggi perduta da cui si dipartiva una strada che raggiungeva la valle del fosso di Costa Frigida. Altre opere difensive, scavate nel tufo, come fossati non è escluso che servissero anche a incanalare e far defluire le acque piovane provenienti dall’altopiano. Questo stesso sistema difensivo, tuttavia fu utilizzato anche nel corso del medioevo per cui permane l’incertezza sull’originario periodo di realizzazione. Le fonti documentarie ed archeologiche non riportano dati relativi all’epoca romana e ciò è dovuto probabilmente alla consolidata “pax romana” che aveva reso superfluo l’arroccamento della popolazione in siti fortificati e di difficile accesso e pertanto è plausibile supporre che il sito non fosse stabilmente abitato bensì frequentato solo da pastori (come avviene ancor oggi). Dopo la caduta dell’Impero Romano e le successive devastanti ondate di popoli invasori, anche questa zona conobbe una profonda crisi per cui l’insediamento sparso di pianura fu progressivamente sostituito da abitati arroccati su alture difese da mura, fossati e torri. Ed è appunto in questo periodo che Belmonte si ripopola assumendo la funzione di villaggio fortificato. Appartenuto ai Conti di Tuscolo e successivamente al Monastero di San Paolo (come il vicino Castelnuovo) compare in una bolla di Gregorio IX del 1236 ma, successivamente, nella nota degli abitanti soggetti alla tassa sul sale e focatico del 1348 non viene più menzionato, forse ad indicare che era stato già abbandonato. La parte più alta del pianoro di Belmonte è dominata dai resti di una torre che risale al XII sec. d.c. che mostra tracce di una precedente struttura in opera a scaglie di selce e marmo detta “saracena” risalente al IX sec. a.c. La torre, isolata dal resto dell’insediamento da due fossati artificiali aveva il collegamento verso nord assicurato tramite un ponte levatoio di cui si conservano i fori di ancoraggio al suolo. Un altro fossato posto poco più a nord delimitava un ingresso avanzato e fortificato del castello.
Il villaggio era situato a sud della torre, nella zona terminale del pianoro dove affiorano fondi di capanne di forma rettangolare o ellittica e probabilmente una chiesa a cui sono riferibili i resti di muratura presenti a livello di fondazione oltre a un pozzo circolare, identificato come probabile ossario. Ma la caratteristica più rilevante del sito di Belmonte è rappresentata dalle numerose cavità scavate nel tufo che occupano su più livelli entrambi i lati delle scoscese pareti che delimitano il pianoro. Le grotte hanno una tipologia costruttiva abbastanza simile e sono organizzate su uno o più vani a pianta quadrangolare o ellittica con soffitto piano e banchine lungo le pareti nelle quali si trovano nicchie. Sono provviste di piccole finestre e canalette per lo scolo delle acque. Identificate dal Tomasetti come generiche tombe etrusche in realtà non sembrano rispondere alle caratteristiche di una necropoli rupestre. Molto più verosimilmente le cavità di Belmonte sono da identificarsi come una costruzione tipica dell’alto medioevo realizzata con finalità abitative e frequentata per lunghi periodi. L’insediamento era posto in un luogo sicuro e difendibile, vicino ai corsi d’acqua, disponeva di pascoli, terreni adatti alle coltivazioni e a poca distanza, lungo il fosso di Costa Frigida vi sono resti di antiche pestarole. Le abitazioni avevano una struttura lignea esterna appoggiata all’ingresso della grotta che rendeva l’ambiente più capiente e confortevole. Tra gli altri borghi scomparsi del territorio di Castelnuovo, ricordiamo ancora Monte de Fiore, che nella metà del ’300 contava circa 840 abitanti, Castrum Baccaricae (Vacchereccia) in possesso dell’Abbazia di S. Paolo, e Villa Francula.
Il sito archeologico di Belmonte dista circa 1 chilometro e mezzo da Castelnuovo, all’interno del Parco di Veio e si raggiunge dalla via Flaminia al km 26. Situato in posizione dominante su un altopiano stretto poche decine di metri e lungo circa un chilometro tra i fossi di Costa Frigida e di Sant’Antonino conserva tracce un insediamento fortificati altomedioevale. Si ipotizza essere stata una colonia della città di Veio fondata intorno al VII sec a.c. come avamposto sulla sponda destra del Tevere. Il più antico abitato si suppone occupasse la parte centrale del pianoro più ampia e pianeggiante. Resti di mura, alzate direttamente sul ciglio della rupe sono ancora visibili sul lato ovest dove si apriva una porta, oggi perduta da cui si dipartiva una strada che raggiungeva la valle del fosso di Costa Frigida. Altre opere difensive, scavate nel tufo, come fossati non è escluso che servissero anche a incanalare e far defluire le acque piovane provenienti dall’altopiano. Questo stesso sistema difensivo, tuttavia fu utilizzato anche nel corso del medioevo per cui permane l’incertezza sull’originario periodo di realizzazione. Le fonti documentarie ed archeologiche non riportano dati relativi all’epoca romana e ciò è dovuto probabilmente alla consolidata “pax romana” che aveva reso superfluo l’arroccamento della popolazione in siti fortificati e di difficile accesso e pertanto è plausibile supporre che il sito non fosse stabilmente abitato bensì frequentato solo da pastori (come avviene ancor oggi). Dopo la caduta dell’Impero Romano e le successive devastanti ondate di popoli invasori, anche questa zona conobbe una profonda crisi per cui l’insediamento sparso di pianura fu progressivamente sostituito da abitati arroccati su alture difese da mura, fossati e torri. Ed è appunto in questo periodo che Belmonte si ripopola assumendo la funzione di villaggio fortificato. Appartenuto ai Conti di Tuscolo e successivamente al Monastero di San Paolo (come il vicino Castelnuovo) compare in una bolla di Gregorio IX del 1236 ma, successivamente, nella nota degli abitanti soggetti alla tassa sul sale e focatico del 1348 non viene più menzionato, forse ad indicare che era stato già abbandonato. La parte più alta del pianoro di Belmonte è dominata dai resti di una torre che risale al XII sec. d.c. che mostra tracce di una precedente struttura in opera a scaglie di selce e marmo detta “saracena” risalente al IX sec. a.c. La torre, isolata dal resto dell’insediamento da due fossati artificiali aveva il collegamento verso nord assicurato tramite un ponte levatoio di cui si conservano i fori di ancoraggio al suolo. Un altro fossato posto poco più a nord delimitava un ingresso avanzato e fortificato del castello.
Il villaggio era situato a sud della torre, nella zona terminale del pianoro dove affiorano fondi di capanne di forma rettangolare o ellittica e probabilmente una chiesa a cui sono riferibili i resti di muratura presenti a livello di fondazione oltre a un pozzo circolare, identificato come probabile ossario. Ma la caratteristica più rilevante del sito di Belmonte è rappresentata dalle numerose cavità scavate nel tufo che occupano su più livelli entrambi i lati delle scoscese pareti che delimitano il pianoro. Le grotte hanno una tipologia costruttiva abbastanza simile e sono organizzate su uno o più vani a pianta quadrangolare o ellittica con soffitto piano e banchine lungo le pareti nelle quali si trovano nicchie. Sono provviste di piccole finestre e canalette per lo scolo delle acque. Identificate dal Tomasetti come generiche tombe etrusche in realtà non sembrano rispondere alle caratteristiche di una necropoli rupestre. Molto più verosimilmente le cavità di Belmonte sono da identificarsi come una costruzione tipica dell’alto medioevo realizzata con finalità abitative e frequentata per lunghi periodi. L’insediamento era posto in un luogo sicuro e difendibile, vicino ai corsi d’acqua, disponeva di pascoli, terreni adatti alle coltivazioni e a poca distanza, lungo il fosso di Costa Frigida vi sono resti di antiche pestarole. Le abitazioni avevano una struttura lignea esterna appoggiata all’ingresso della grotta che rendeva l’ambiente più capiente e confortevole. Tra gli altri borghi scomparsi del territorio di Castelnuovo, ricordiamo ancora Monte de Fiore, che nella metà del ’300 contava circa 840 abitanti, Castrum Baccaricae (Vacchereccia) in possesso dell’Abbazia di S. Paolo, e Villa Francula.
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